La crisi
Carlo Bo
«Il nostro non è un punto di vista che offra una soluzione della crisi: è il punto di vista della crisi, dove le energie creative devono trapassare dal negativo al positivo. Se trapassano, bene, se non trapassano che resta a dire? È questo l’unico grande tentativo che può esser fatto.
«Il nostro non è un punto di vista che offra una soluzione della crisi: è il punto di vista della crisi, dove le energie creative devono trapassare dal negativo al positivo. Se trapassano, bene, se non trapassano che resta a dire? È questo l’unico grande tentativo che può esser fatto. In questo punto di vista che noi assumiamo generalmente, ciascuno può e deve sentire il problema della sua vita e far sì che si destino in lui le forze per tradurlo in concreta vivente personalità. L’umanità, si dice, ha sempre vissuto e sempre vivrà: si dice, ma sono parole buttate al vento: che cosa possa significare lo stesso progresso, quando manchi coscienza dei suoi profondi problemi, si vede: per ciò ora è giunto il momento di ficcar gli occhi nel segreto fecondo del negativo, della problematica, approfittando della situazione contemporanea. Non è una coscienza del negativo da cui noi vogliamo ricavare un’astratta saggezza, ma energia, coscienza, responsabilità, chiarezza.
APPROFONDISCISe si pensano gli smarrimenti assurdi, i feticismi ciechi e ridicoli, le adorazioni insensate, i falsi problemi senza uscita, i gretti ritorni sul passato, gli inceppi che alla vita dell’uomo si pongono, i falsi valori soprattutto, si capisce che cosa vuol dire affrontare la “crisi” per cogliere la problematica profonda dell’umanità, così che essa divenga la sua vita e la sua libertà in atto: destare questa coscienza per ore e per sempre: infinita inquietudine e infinita certezza».
Antonio Banfi (Vimercate 30 settembre 1886 – Milano 20 luglio 1957), laureatosi a Milano in lettere (1908, con Francesco Novati) e in filosofia (1910, con Piero Martinetti), dopo un breve soggiorno in Germania, insegna nei Licei fino al 1931, poi nelle Università di Firenze, Genova e Milano. Tramite un fecondo dialogo con il trascendentalismo kantiano e con la fenomenologia husserliana, elabora un innovativo razionalismo critico, in grado di storicizzare Kant senza hegelianizzarlo, utilizzando anche il relativismo simmeliano, onde indagare l’infinita ricchezza della vita e della cultura. Considerato il «Cassirer italiano», negli anni Trenta formò la “scuola di Milano”, entro la quale la sua lezione, nutrita del dibattito europeo, avviò i suoi allievi a perseguire le inquietudini dei loro propri dèmoni, come emerge anche dalla sua rivista «Studi filosofici» (1940-1944 e 1946-1949). Tra le sue opere principali: Principi di una teoria della ragione (1926), Pestalozzi (1929), Socrate (1943), Galileo Galilei (1949), L’uomo copernicano (1950), La ricerca della realtà (1959, 2 voll. postumo), Esegesi e letture kantiane (1969, 2 voll. postumo) e il fondamentale saggio Sui principi di una filosofia della morale (1934).
COMPATTA